Sergio Caputo – Ma che amico sei?
La grande fama arriva nel pieno degli anni ottanta con le incisioni per la CGD, più precisamente nel 1983, quando pubblica l’album Un sabato italiano. Si delinea da questo momento un personale stile musicale che si rifà al mambo e allo swing degli anni cinquanta, unito a testi ironici, con influenze musicali di artisti jazz come Fats Waller e Cole Porter.
Caputo si rimette al lavoro per un nuovo album nel 1984, pubblicando Italiani mambo, che in fatto di vendite incrementa anche il precedente Un sabato italiano, e dove si avvale della collaborazione del celebre sassofonista-clarinettista statunitense Tony Scott (che anni dopo lo presenterà a Dizzy Gillespie) e del batterista jazz Roberto Gatto. Con la title-track, partecipa al Festivalbar, e anche questa canzone resta tra le sue più famose a distanza di anni. Collabora di lì a poco con Adriano Celentano che gli commissiona un testo da tradurre dall’inglese di un complesso olandese, il cui titolo rimane invariato. Nasce così Susanna, brano di punta dell’album di Celentano I miei americani… del 1984, dove si narra di una donna dedita all’avventura, brava a sedurre e poi abbandonare. In questo brano Caputo “dirige” anche un brusio di voci di sottofondo che commentano le parole della canzone. Tra le poche collaborazioni esterne di Caputo vanno ricordate: un 45 giri del 1983, sigla della trasmissione televisiva Help, e andato in onda su Canale 5. Il brano, intitolato La soubrette, è stato cantato dalla conduttrice del programma Fabrizia Carminati e un duetto con Loretta Goggi nell’album C’è poesia Due, del 1987. Si tratta del brano L’astronave che arriva, dello stesso Caputo.
Sogno erotico sbagliato. Il passaggio alla nuova casa discografica coincide anche con un sensibile cambio di tendenza nello stile di Caputo, che per la prima volta guarda a un’altra America, non più quella delle orchestre, bensì quella del country, dei folksinger, il pop nell’accezione più letterale del termine, la musica del popolo, con lo sguardo dell’uomo di strada al quotidiano, quotidiano che ricorre anche nei versi delle canzoni, che salutano il mondo dei locali notturni, ampiamente descritto più in vizi che in virtù, per mettere radici nella realtà diurna. Abbonda l’uso di sassofoni, chitarre arpeggiate o pizzicate nello stile del “fingerpicking”, ma anche riff energici, batterie più marcate, controcori. Se non è un album di rottura, è perché Sergio aveva già abituato il suo pubblico a una vasta gamma di suoni, e dunque non sorprende vederlo alle prese con nuovi orizzonti stilistici. Ricorrono qua e là alcune frasi in lingua inglese che rimandano anch’esse a certe atmosfere country al di là del significato letterale delle stesse. I testi, nel descrivere nuovi paesaggi e nuovi stati d’animo, arricchiscono di nuovi “caratteri” il campionario di umanità al maschile raccontato da Sergio. Meno elaborati rispetto ai precedenti album, in omaggio alla matrice pop che viene rievocata in questo lavoro, si alternano tra conversazioni con un interlocutore al femminile e confessioni in prima persona di chi soffre il mal di vivere: ciò è in parte riassunto nel titolo stesso che sta a significare quanto sia difficile persino vivere un bel sogno. La copertina ritrae una foto in bianco e nero dove una formosa pin-up è seduta sul cofano di una vecchia automobile un po’ scassata, in posa seducente. Fuori tema rispetto all’atmosfera country è Dalla peste di Parigi, una lenta milonga che rimanda, per i suoi contenuti, al precedente lavoro Lontano che vai. Momenti di insolita energia si trovano invece in Un’anima in pena, con un incedere di chitarre nella seconda parte della sezione, e nella conclusiva Appeso ad un filo: emblematico il verso qui contenuto, dove l’espressione “come fossi un fottutissimo snob” sembra prendere le distanze in maniera decisa da quell’etichetta di artista appunto snob che ingenerosamente gli era stata applicata durante i suoi esordi discografici, e che è stata fugata definitivamente con questo lavoro.
Canzone che descrive uno scenario di decadenza dei miti del rock e suoi derivati. “L’alba s’incendiò sui binari del tram, una gazza mi rubò la mia croce ed altri oggetti punk. Guardo lassù, ma il cielo è una fotografia. Vendono i tuoi stracci, giù ai cancelli della follia“. “Scesero dal Jet come autentiche star… sotto raffiche di flash benedissero la città… C’eri anche tu in fuga dal pianeta rock. C’erano i tuoi figli con i segni dell’elettroshock dell’elettroshock“. Si parla di una persona delusa per come si è comportato nei suoi confronti quello che credeva il suo migliore amico. “Questi siamo noi con il freddo che fa fra l’incudine di Dio e il martello dell’umanità. Eccoci qui ripresi dalla tv… scurdammose o’ passato… che al futuro ci hai pensato tu ci hai pensato tu…“. Insomma. cita il ritornello che Gesù era un uomo buono. “Ma che amico sei?… ma che amico sei… Jesus was a good man. Ma che scherzi fai… Ma che scherzi fai… Jesus was a good man“. “Io non ero li… sono stato via. Non so più dov’è neanche casa mia… Jesus was a good man“.