Salvami, salvami grande sovrano

Roberto Vecchioni – Samarcanda (1977)

La sua attività nel mondo musicale inizia negli anni ’60, quando comincia a scrivere canzoni per artisti affermati (Vanoni, Zanicchi, Cinquetti, Michele), collaborazioni che riprenderà più tardi anche per Nannini, Oxa, Patty Pravo, Adamo. Nel 1971 si propone per la prima volta come interprete delle sue canzoni e incide il suo primo album “Parabola”che contiene la celeberrima “Luci a San Siro”. Nel 1973 partecipa al Festival di Sanremo con “L’uomo che si gioca il cielo a dadi”. Nel 1974 vince il premio della critica discografica come miglior disco dell’anno per “Il re non si diverte”. Il successo di pubblico arriva nel 1977 con l’album “Samarcanda” cui fanno seguito più di venti album e altrettante raccolte per una vendita totale che supera otto milioni di copie. Nel 1992 il brano “Voglio una donna (unico inedito del live “Camper”), vince il Festivalbar come canzone più ascoltata dell’anno. Torna poi al genere pop nel 2007 con il bellissimo album “Di rabbia e di stelle”. Nel 2009 passa a un nuovo ambizioso progetto insieme al maestro Beppe D’Onghia, dove propone le sue canzoni riarrangiate per pianoforte e quintetto d’archi. Il cantautore si esibisce anche in versi recitati su musiche di Chajkowskij, Puccini, Rachmaninoff. Da questa esperienza nasce lo splendido album “In Cantus” portato anche questo nei più famosi teatri per oltre due anni. Nel 2011 partecipa e stravince al Festival di Sanremo con la canzone “Chiamami ancora amore” che dà il titolo all’omonimo album. Vince anche il premio “Mia Martini” della critica e quello della sala stampa. Il 29 novembre 2011 esce il doppio album“ “ I colori del buio”. Si tratta della prima antologia ufficiale, capace di rappresentare la sua anima popolare, quella più classica fino ad arrivare al jazz, attraverso i pezzi che hanno saputo conquistare diverse generazioni. A impreziosire il disco anche due splendidi brani inediti: I colori del buio, che da il titolo al lavoro (scritto insieme all’ormai fedele Claudio Guidetti) e Un lungo addio (con testo firmato per la prima volta anche dalla moglie Daria Colombo).

In questo album, pubblicato nel 1977, è presente il brano Samarcanda che è la canzone che, pubblicata su 45 giri, ha fatto conoscere Vecchioni al grande pubblico. I temi ricorrenti in questo disco sono quelli tipici di Vecchioni: la natura, la morte, l’amore, gli affetti, la nostalgia e soprattutto la poesia. L’album venne registrato negli studi GRS Sound di Milano, ed il tecnico del suono è Bruno Malasoma, mentre le basi ritmiche vennero registrate presso lo studio Johan Sebastian Bach di Milano (ed il tecnico del suono è Nino Jorio). Le canzoni sono tutte edite dalle Edizioni musicali Babayaga. Tra i musicisti presenti nel disco sono da segnalare il percussionista Tony Esposito, che aveva già suonato in Il re non si diverte, il cantautore Angelo Branduardi (al violino), un componente del gruppo di rock progressivo dei Madrugada, Alessandro Zanelli (detto Billy) e due componenti de I Nuovi Angeli, Paki Canzi e Mauro Paoluzzi.

La canzone, apprezzata per il ritmo e il ritornello molto orecchiabile, narra di un soldato che, sopravvissuto alla guerra appena finita, “Ridere, ridere, ridere ancora, Ora la guerra paura non fa, brucian nel fuoco le divise la sera, brucia nella gola vino a sazietà“, sta festeggiando lo scampato pericolo quando all’improvviso tra la folla vede una donna vestita di nero che lo guarda “con malignità”, personificazione della morte. “Musica di tamburelli fino all’aurora, il soldato che tutta la notte ballò vide tra la folla quella nera signora; vide che cercava lui e si spaventò“. Credendo che sia lì per lui, chiede al suo re di dargli un cavallo per scappare e fugge via in un paese lontano (Samarcanda). “Salvami, salvami, grande sovrano; fammi fuggire, fuggire di qua, Alla parata lei mi stava vicino e mi guardava con malignità. Dategli, dategli un animale, figlio del lampo, degno di un re. Presto, più presto perché possa scappare, dategli la bestia più veloce che c’è“. Corre con tutta la propria foga per sfuggire a quella che lui crede la morte; dopo esserne sfuggito sopravvivendo a una guerra. “Corri cavallo, corri ti prego fino a Samarcanda io ti guiderò; non ti fermare, vola ti prego; corri come il vento che mi salverò“. Ma, proprio in quel luogo, trova la morte ad attenderlo. “Fiumi poi campi, poi l’alba era viola; bianche le torri che infine toccò. Ma c’era sulla porta quella nera signora. Stanco di fuggire la sua testa chinò: eri fra la gente nella capitale, so che mi guardavi con malignità, son scappato in mezzo ai grilli e alle cicale; son scappato via ma ti ritrovo qua!“. Il destino ha voluto che il soldato sia scappato proprio dove la morte lo aspettava. “Sbagli, t’inganni, ti sbagli soldato io non ti guardavo con malignità; era solamente uno sguardo stupito: cosa ci facevi l’altro ieri là. T’aspettavo qui per oggi a Samarcanda: eri lontanissimo due giorni fa. Ho temuto che per ascoltar la banda non facessi in tempo ad arrivare qua“.

E tu lontano non ci vai a morire come una puttana

Roberto Vecchioni – El bandolero stanco (1997)

La sua attività nel mondo musicale inizia negli anni ’60, quando comincia a scrivere canzoni per artisti affermati (Vanoni, Zanicchi, Cinquetti, Michele), collaborazioni che riprenderà più tardi anche per Nannini, Oxa, Patty Pravo, Adamo. Nel 1971 si propone per la prima volta come interprete delle sue canzoni e incide il suo primo album “Parabola”che contiene la celeberrima “Luci a San Siro”. Nel 1973 partecipa al Festival di Sanremo con “L’uomo che si gioca il cielo a dadi”. Nel 1974 vince il premio della critica discografica come miglior disco dell’anno per “Il re non si diverte”. Il successo di pubblico arriva nel 1977 con l’album “Samarcanda” cui fanno seguito più di venti album e altrettante raccolte per una vendita totale che supera otto milioni di copie. Nel 1992 il brano “Voglio una donna (unico inedito del live “Camper”), vince il Festivalbar come canzone più ascoltata dell’anno. Torna poi al genere pop nel 2007 con il bellissimo album “Di rabbia e di stelle”. Nel 2009 passa a un nuovo ambizioso progetto insieme al maestro Beppe D’Onghia, dove propone le sue canzoni riarrangiate per pianoforte e quintetto d’archi. Il cantautore si esibisce anche in versi recitati su musiche di Chajkowskij, Puccini, Rachmaninoff. Da questa esperienza nasce lo splendido album “In Cantus” portato anche questo nei più famosi teatri per oltre due anni. Nel 2011 partecipa e stravince al Festival di Sanremo con la canzone “Chiamami ancora amore” che dà il titolo all’omonimo album. Vince anche il premio “Mia Martini” della critica e quello della sala stampa. Il 29 novembre 2011 esce il doppio album“ “ I colori del buio”. Si tratta della prima antologia ufficiale, capace di rappresentare la sua anima popolare, quella più classica fino ad arrivare al jazz, attraverso i pezzi che hanno saputo conquistare diverse generazioni. A impreziosire il disco anche due splendidi brani inediti: I colori del buio, che da il titolo al lavoro (scritto insieme all’ormai fedele Claudio Guidetti) e Un lungo addio (con testo firmato per la prima volta anche dalla moglie Daria Colombo).

El bandolero stanco, pubblicato nel 1997, è un album inciso dal cantautore Roberto Vecchioni. Dio, i figli, la continua rincorsa della vita che ti è sempre un passo davanti, ma soprattutto, e finalmente chiara, tutta la passione politica solo intravista in precedenza, sono i temi chiave di quest’album che è soprattutto un approdo alla ricerca dei generi musicali più svariati, financo la lambada e la canzone napoletana. Nella raccolta è inserito uno dei più vibranti dialoghi con Dio della serie vecchioniana “la stazione di Zima”, dove fuor dai denti, per niente mosso da fini elogiativi l’autore si confronta col padreterno sul senso del vivere. Tre dischi d’oro 1997.

Il bandolero non è che l’ennesimo “grande vecchio”, bandito generoso di altri tempi, riconducibile al padre, ormai scomparso nelle nebbie del tempo; al suo fianco, in chiave musicale sudamericana, si muovono e rivivono rivoluzionari, pasionari, sognatori di ogni luogo e, ultimo, un “che guevara” inarrestabile rivisto con gli occhi di sua madre. “Sarà forse il vento che non l’accarezza più; sarà il suo cappello che da un pò non gli sta su, sarà quella ruga di ridente nostalgia o la confusione tra la vita e la poesia. Non assalta treni perché non ne passan mai; non rapina banche, perché i soldi sono i suoi; vive di tramonti e di calcolati oblii e di commoventi, ripetuti lunghi addii, struggenti addi“. “Ha una collezione
insuperabile di taglie; molte, tutte vuote già da tempo, le bottiglie; dorme sul cavallo che non lo sopporta più e si è fatto un mazzo per la pampa su e giù. Ogni notte passa e getta un fiore a qualche porta; rosso come il sangue
del suo cuore di una volta, poi galoppa via fino all’inganno dell’aurora, dove qualche gaucho giura di sentirlo ancora, cantare ancora…
“. Un inno a un tempo che è passato e non tornerà. Al si stava meglio quando si stava peggio. “El bandolero stanco, col cuore infranto stanotte va; va, su un cavallo bianco, col suo tormento lontano va, dov’è silenzio, dov’è silenzio, dove…“. Con nessuna possibilità di riscatto; se non nella memoria. “Se chiudo gli occhi, dentro gli occhi sei di nuovo quello vero; quando sorridevo, quando ti credevo: ascoltami, guardami, sta’ fermo: è ancora vivo questo amore, tutto questo amore, tutto il nostro amore. E tu lontano non ci vai a morire come una puttana, prima del mio cuore, al posto del mio cuore: non mi lasciare solo in questa notte che non vedo il cielo. Torna bandolero! Torna bandolero! Torna bandolero!“.

Così lenti a strascicar le ali

Roberto Vecchioni – Angeli (1993)

La sua attività nel mondo musicale inizia negli anni ’60, quando comincia a scrivere canzoni per artisti affermati (Vanoni, Zanicchi, Cinquetti, Michele), collaborazioni che riprenderà più tardi anche per Nannini, Oxa, Patty Pravo, Adamo. Nel 1971 si propone per la prima volta come interprete delle sue canzoni e incide il suo primo album “Parabola”che contiene la celeberrima “Luci a San Siro”. Nel 1973 partecipa al Festival di Sanremo con “L’uomo che si gioca il cielo a dadi”. Nel 1974 vince il premio della critica discografica come miglior disco dell’anno per “Il re non si diverte”. Il successo di pubblico arriva nel 1977 con l’album “Samarcanda” cui fanno seguito più di venti album e altrettante raccolte per una vendita totale che supera otto milioni di copie. Nel 1992 il brano “Voglio una donna (unico inedito del live “Camper”), vince il Festivalbar come canzone più ascoltata dell’anno. Torna poi al genere pop nel 2007 con il bellissimo album “Di rabbia e di stelle”. Nel 2009 passa a un nuovo ambizioso progetto insieme al maestro Beppe D’Onghia, dove propone le sue canzoni riarrangiate per pianoforte e quintetto d’archi. Il cantautore si esibisce anche in versi recitati su musiche di Chajkowskij, Puccini, Rachmaninoff. Da questa esperienza nasce lo splendido album “In Cantus” portato anche questo nei più famosi teatri per oltre due anni. Nel 2011 partecipa e stravince al Festival di Sanremo con la canzone “Chiamami ancora amore” che dà il titolo all’omonimo album. Vince anche il premio “Mia Martini” della critica e quello della sala stampa. Il 29 novembre 2011 esce il doppio album“ “ I colori del buio”. Si tratta della prima antologia ufficiale, capace di rappresentare la sua anima popolare, quella più classica fino ad arrivare al jazz, attraverso i pezzi che hanno saputo conquistare diverse generazioni. A impreziosire il disco anche due splendidi brani inediti: I colori del buio, che da il titolo al lavoro (scritto insieme all’ormai fedele Claudio Guidetti) e Un lungo addio (con testo firmato per la prima volta anche dalla moglie Daria Colombo).

Blumùn è il diciannovesimo album di Roberto Vecchioni, il secondo pubblicato per la EMI, nel 1993. Il disco ha ottenuto un buon successo commerciale, raggiungendo la terza posizione della classifica italiana. Il brano “Paco” è dedicato al cane di Vecchioni, morto dopo aver dato tante soddisfazioni al proprio padrone. Nel brano che dà il titolo all’album recita alcune battute il comico Gene Gnocchi, nel ruolo di Dio.

Gli angeli sono i ragazzi giorni che sono costretti a vivere nella società dell’oggi senza avere più le sicurezze che avevano i loro genitori all’epoca in cui avevano la loro età. “Angeli vi guardo e mi ricordo quand’ero insieme luce e approssimato sgorbio. Angeli veri e angeli di merda tenuti su dal cielo con la corda. Angeli musicanti e soli mandati a scuola per imparare i cori. Carichi di sperma e di segnali ma così lenti a strascicar le ali“. E ancora. “Angeli splendenti e replicanti moltiplicati per il raggio dei loro denti. Angeli d’allevamento nutriti bene per diventare uomini o sirene“. “Angeli incoscienti, lascia che sia, la morte è solo un salto di corsia“. “Angeli che rabbia che mi fate disperato amore, degli anni che non ci capivo niente e che nemmeno mi saltava in mente d’esser uomo“. “Angeli indifesi e generosi, perciò fregati sempre in tutti i casi. Angeli di sera: c’è chi fa le foglie e qualcun altro spara sulla moglie“.