Gianluca Grignani – L’alluccinazione (1996)
Esordisce a Sanremo giovani del 1994 con “La mia storia tra le dita” e poi nel 1995 al Festival di Sanremo tra le Nuove Proposte con “Destinazione paradiso”. Con solo due canzoni e praticamente al primo colpo arriva all’apice del successo. Col passare degli anni fa scelte coraggiosi e non sempre capite; staccandosi dallo stereotipo di cantante sciupafemmine e perfettino voluto dalle major. Nonostante tutto mantiene un suo pubblico fedele e se ai suoi esordi forse era un pò sopravalutato; adesso è senz’altro molto più sottovalutato di quello che potrebbe dare alla musica italiana.
La fabbrica di plastica è il secondo album di Gianluca Grignani, pubblicato nel 1996. Grignani volle avere il controllo artistico sull’album e, per la piega rock che prese, entrò in conflitto con il suo produttore Massimo Luca e con la sua casa discografica, la Polygram, la quale, secondo l’avvocato all’epoca di Grignani, Visco, “Non è riuscita a preparare il pubblico a questa svolta“. Rispetto alle 2 milioni di copie vendute da Destinazione Paradiso, il nuovo album fu un flop. Nonostante la spinta della notorietà e l’attesa, l’album arrivò a poco più di 150.000 copie. Commentando il flop di vendite dell’album, l’ex produttore di Grignani, Massimo Luca, commentò: “È un artista finito? Non proprio, è decollato seguendo i miei consigli, poi ha voluto fare di testa sua“. Il tour dell’album non andò bene. Grignani continuava a dimostrarsi insofferente alla pressione del pubblico che dimostrava di non apprezzare il nuovo album. Secondo il suo avvocato Visco: “Non è facile fare accettare al pubblico una virata di 180 gradi fra un disco di successo e il seguente“.
Lui è talmente addolorato per la mancanza di lei; che la vede dappertutto. E non si rassegna alla sua assenza. “E poi ci penso su perché mi sento giù forse perché non lavoro quasi mai. O solamente, sì; dev’essere così. È che mi manco ogni giorno un po’ di più. Ma la verità bisogna ammetterla, eh già. Qui chi mi manca sei tu, che chi mi manca sei tu“. Per distrarsi guarda la tv, ma anche lì non riesce a dimenticarsi di lei. La vede persino al posto del protagonista di un film western. “Per non pensarti più mi guardo un film, ma tu che cosa fai persino dentro la tv? Sai, non pensavo che nel mezzo del far west t’avrei incontrata anche vestita da cowboy. Ma lo sceriffo, no, non ucciderlo, no. Che già ha ferito anche me. Che già ha ferito anche me“. E l’allucinazione diventa un’ossessione. “E poi ad un tratto dallo schermo cadi giù e t’avvicini, “Come stai?”, “Io bene e tu?” No, non può essere. Allora è un’ossessione; stai diventando la mia allucinazione“. Poi va in giro da solo per la strada; ma immagina che acconto a se cammini lei. L’ossessione continua. “Adesso cosa c’è? Non sto pensando a te. Cosa ci fai qui per strada insieme a me? Non ti rispondo, no; c’è troppo traffico. E che son pazzo già lo dicono da sé. Ma se mi giro e mi rigiro non ci sei. Dove sei? Dove sei? Sei già lontana, tra la gente un punto tu, che se mi sforzo vedo ancora e poi non vedo più. Allora è vero, sei l’allucinazione“. Fino alla finale consapevolezza. “La verità bisogna ammetterla, eh già che chi mi manca sei tu. Qui chi mi manca sei tu“.