E tu lontano non ci vai a morire come una puttana

Roberto Vecchioni

Roberto Vecchioni – El bandolero stanco (1997)

La sua attività nel mondo musicale inizia negli anni ’60, quando comincia a scrivere canzoni per artisti affermati (Vanoni, Zanicchi, Cinquetti, Michele), collaborazioni che riprenderà più tardi anche per Nannini, Oxa, Patty Pravo, Adamo. Nel 1971 si propone per la prima volta come interprete delle sue canzoni e incide il suo primo album “Parabola”che contiene la celeberrima “Luci a San Siro”. Nel 1973 partecipa al Festival di Sanremo con “L’uomo che si gioca il cielo a dadi”. Nel 1974 vince il premio della critica discografica come miglior disco dell’anno per “Il re non si diverte”. Il successo di pubblico arriva nel 1977 con l’album “Samarcanda” cui fanno seguito più di venti album e altrettante raccolte per una vendita totale che supera otto milioni di copie. Nel 1992 il brano “Voglio una donna (unico inedito del live “Camper”), vince il Festivalbar come canzone più ascoltata dell’anno. Torna poi al genere pop nel 2007 con il bellissimo album “Di rabbia e di stelle”. Nel 2009 passa a un nuovo ambizioso progetto insieme al maestro Beppe D’Onghia, dove propone le sue canzoni riarrangiate per pianoforte e quintetto d’archi. Il cantautore si esibisce anche in versi recitati su musiche di Chajkowskij, Puccini, Rachmaninoff. Da questa esperienza nasce lo splendido album “In Cantus” portato anche questo nei più famosi teatri per oltre due anni. Nel 2011 partecipa e stravince al Festival di Sanremo con la canzone “Chiamami ancora amore” che dà il titolo all’omonimo album. Vince anche il premio “Mia Martini” della critica e quello della sala stampa. Il 29 novembre 2011 esce il doppio album“ “ I colori del buio”. Si tratta della prima antologia ufficiale, capace di rappresentare la sua anima popolare, quella più classica fino ad arrivare al jazz, attraverso i pezzi che hanno saputo conquistare diverse generazioni. A impreziosire il disco anche due splendidi brani inediti: I colori del buio, che da il titolo al lavoro (scritto insieme all’ormai fedele Claudio Guidetti) e Un lungo addio (con testo firmato per la prima volta anche dalla moglie Daria Colombo).

El bandolero stanco, pubblicato nel 1997, è un album inciso dal cantautore Roberto Vecchioni. Dio, i figli, la continua rincorsa della vita che ti è sempre un passo davanti, ma soprattutto, e finalmente chiara, tutta la passione politica solo intravista in precedenza, sono i temi chiave di quest’album che è soprattutto un approdo alla ricerca dei generi musicali più svariati, financo la lambada e la canzone napoletana. Nella raccolta è inserito uno dei più vibranti dialoghi con Dio della serie vecchioniana “la stazione di Zima”, dove fuor dai denti, per niente mosso da fini elogiativi l’autore si confronta col padreterno sul senso del vivere. Tre dischi d’oro 1997.

Il bandolero non è che l’ennesimo “grande vecchio”, bandito generoso di altri tempi, riconducibile al padre, ormai scomparso nelle nebbie del tempo; al suo fianco, in chiave musicale sudamericana, si muovono e rivivono rivoluzionari, pasionari, sognatori di ogni luogo e, ultimo, un “che guevara” inarrestabile rivisto con gli occhi di sua madre. “Sarà forse il vento che non l’accarezza più; sarà il suo cappello che da un pò non gli sta su, sarà quella ruga di ridente nostalgia o la confusione tra la vita e la poesia. Non assalta treni perché non ne passan mai; non rapina banche, perché i soldi sono i suoi; vive di tramonti e di calcolati oblii e di commoventi, ripetuti lunghi addii, struggenti addi“. “Ha una collezione
insuperabile di taglie; molte, tutte vuote già da tempo, le bottiglie; dorme sul cavallo che non lo sopporta più e si è fatto un mazzo per la pampa su e giù. Ogni notte passa e getta un fiore a qualche porta; rosso come il sangue
del suo cuore di una volta, poi galoppa via fino all’inganno dell’aurora, dove qualche gaucho giura di sentirlo ancora, cantare ancora…
“. Un inno a un tempo che è passato e non tornerà. Al si stava meglio quando si stava peggio. “El bandolero stanco, col cuore infranto stanotte va; va, su un cavallo bianco, col suo tormento lontano va, dov’è silenzio, dov’è silenzio, dove…“. Con nessuna possibilità di riscatto; se non nella memoria. “Se chiudo gli occhi, dentro gli occhi sei di nuovo quello vero; quando sorridevo, quando ti credevo: ascoltami, guardami, sta’ fermo: è ancora vivo questo amore, tutto questo amore, tutto il nostro amore. E tu lontano non ci vai a morire come una puttana, prima del mio cuore, al posto del mio cuore: non mi lasciare solo in questa notte che non vedo il cielo. Torna bandolero! Torna bandolero! Torna bandolero!“.

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